lunedì 19 novembre 2012

E stasera: Pizza!


Foto Domitilla-in-cucina - CC license attribution
In genere mangiare la pizza vuole dire andare in Pizzeria.  E anche voi avrete una pizzeria preferita, che fa la pizza proprio come piace a voi, che siate amanti della pizza sottile e con il cornicione bello gonfio o meno.
Anch’io ho la mia pizzeria favorita, un posto dove non solo la pizza è buona ma l’atmosfera è perfetta. Purtroppo non mi è vicina e quindi un po’ per restare con le mani in pasta un po’ per supplire alla nostalgia della pizza di Margarì ogni tanto da me si mangia pizza fatta in casa.

Gli ingredienti per me sono molto importanti: biologici e freschi. Una volta che ci sono gli ingredienti giusti basta solo pianificare un po’, perché per fare una pizza buona e facilmente digeribile, il lievito deve aver avuto sufficiente tempo per esaurire la sua forza: quindi la preparazione della pasta va fatta almeno tre ore prima.

Dalla pasta lievita alla pizza si tratta di una quindicina di minuti di preparazione e altrettanti di forno.
I gusti? Quello che vi piace di più, qui vi presento la classica, pomodoro, mozzarella e alici, ma un’altra variante molto buona è con funghi e provola affumicata.

La ricetta

Per due pizze

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Farina 330gr. (200 gr di biologica bianca e 130 di biologica 80% integrale)
Lievito di birra 11gr
Acqua tiepida 200 cc (circa)
Olio un cucchiaio e mezzo
Sale q.b.

Pomodoro a pezzi ½ barattolo
Pomodorini freschi 8/10
Basilico
Aglio
Mozzarella
Acciughe sottolio
Calorie: un migliaio circa 
 
 

La preparazione (tre ore prima)

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Scaldate il forno a 50°. In una ciotola mischiate le farine e un pizzico di sale (Nota: uso queste proporzioni tra farina integrale e bianca perché dopo tanti tentativi è quella che mi ha dato la miglior resa sia nella lievitazione che nel sapore del prodotto finito).
Preparatevi una tazza di acqua tiepido/calda. In una ciotolina sbriciolate il lievito di birra e poi scioglietelo con metà dell’acqua.

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Unite il lievito sciolto alla farina e cominciate a mischiare con una forchetta, aggiungete l’olio e poi ancora l’acqua, un po’ alla volta continuando a mischiare.
Con le mani infarinate pulite la forchetta e cominciate ad impastare con le mani in modo energico fino a che non avrete raccolto tutta la farina della ciotola e non avrete formato una palla. Trasferitela sul vostro piano da lavoro appena infarinato e continuate a lavorare energicamente e velocemente in modo da ottenere una palla liscia e ancora un poco appiccicosa.

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Trasferite la pasta nella ciotola, tracciatevi una croce profonda e copritela con una salvietta umida. A questo punto il vostro forno sarà a temperatura. Spegnete e mettetevi l’impasto a lievitare.
La lievitazione soffre in presenza di correnti d’aria, per questo motivo preferisco mettere l’impasto nel forno tiepido e spento.

In una ciotola mischiate circa 200gr di pomodoro in pezzi (metà barattolo), aggiungete un paio di spicchi di aglio schiacciati, qualche foglia di basilico spezzettata e i pomodorini freschi tagliati a metà o in quattro, dipende dalla loro grandezza.


(tre ore dopo…)
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Tirate fuori dal forno l’impasto che avrà raddoppiato il suo volume. Impostate la temperatura a 200° se ventilato/ 220 se tradizionale.

Con le mani infarinate raccogliete la pasta e ponetela sul piano di lavoro. Lavorate la pasta schiacciandola e tirandola energicamente per qualche minuto e poi ricomponetela e spianatela con le mani.
Ungete una teglia grande (o due piccole e in questo caso dividete l’impasto in due) . Schiacciate la pasta con le mani e trasferitela nella teglia, ungetene la superficie con qualche goccia di olio e stendetela con le mani gradualmente dal centro verso i bordi.

Togliete dai pomodori preparati in precedenza gli spicchi d’aglio e spargeteli sulla base che avete preparato.
Aggiungete la mozzarella tagliata a dadini piccoli (io uso un bocconcino e mezzo) e le acciughe spezzettate.
Irrorate con un filo d’olio e aspettate che il forno abbia raggiunto la temperatura. Cuocete per 13/15 minuti.
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… buon appetito!

mercoledì 31 ottobre 2012

Salone del Gusto- Terra Madre 2012: avventura nel sapore e nel sapere

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Dal 25 al 29 ottobre si è svolto a Torino il Salone del Gusto organizzato da Slow Food in abbinamento con il raduno di Terra Madre, il network di comunità di agricoltori, produttori e altri attori della filiera agricola.

Questa è la notizia di cui sicuramente avrete letto, sentito, visto sui media (old and new) nei giorni scorsi.
Ho passato tre giorni tra gli espositori, le conferenze, le degustazioni e sono qui a ripensare a questa “avventura nel sapore e nel sapere” appena trascorsa, con i sapori ancora ancorati alle papille gustative, gli aromi a portare la fantasia lontano e i visi della gente incontrata che si succedono davanti ai miei occhi come in un grande caleidoscopio della biodiversità umana.

Carlo Petrini, fondatore di Slow Food
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220,000 visitatori in cinque giorni, 1012 espositori da 100 paesi diversi, 200 Presìdi Slow Food italiani e 120 Presìdi Slow Food internazionali provenienti da 50 Paesi diversi. Un calendario fitto di conferenze, cui hanno partecipato tra delegati e visitatori circa 16.000 persone, e poi ancora corsi Master of Food, attività educative e ludiche per famiglie e ragazzi, e ovviamente tante degustazioni.

Questi sono i numeri dell’evento come riportati da Slow Food, ma anche confermati dalla tanta e varia copertura mediatica ottenuta dall’evento. 

Ma sono numeri, parlano dell’evento quantitativamente ma non descrivono le storie delle persone; non descrivono la passione dei piccoli produttori la qualità dei loro progetti.
I numeri ci aiutano però a capire l’importanza di questa vetrina per la promozione di queste imprese, in un settore dove la grande distribuzione è cosi ingombrante da non lasciare molti spazi liberi.

Un cibo “Buono, pulito e giusto” questa è la sfida, l’ambizione della gente che ho incontrato. Gente animata da una passione non solo per la gastronomia ma per le tradizioni alimentari e la cultura che queste rappresentano. Sapori e saperi da presidiare e da mantenere per le generazioni future, e quindi in modo sostenibile con l’ambiente.


Sono tornata a casa con ingredienti, contatti, ricette e tante foto. Per il momento vi lascio con alcune immagini. Senza fretta condivideremo gli ingredienti e le ricette, i saperi e i sapori.

Insegnando ai più piccoli a riconoscere le verdure
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Il cioccolato Peruviano
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Produttore di pomodoro regina di Torre Canne, Salento, Puglia
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Le zucche del mondo
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La Sicilia dei pani
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Chef Andrea Bartolini, pannocchie alla crema di Reggiano
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Sale di Cervia
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Tinture Antiche (www.tintureantiche.com)
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koinè, laboratorio della pasta
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Centro per la biodiversità: Riso, varietà dell’Indonesia
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Erborinato di Bufala, Lombardia
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Lo stand Palestinese con lecuoche di Beit al Karama, centro socio-culturale
di Nablus gestito da sole donne, che – attraverso il cibo – aiuta altre donne
e promuove la città come luogo di arte e gastronomia
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L’aglio Chileno
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Formaggi di latte crudo di capra e di mucca, Francia
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Sali aromatizzati, Cipro
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Pastiglie di zucchero, Liguria
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lunedì 22 ottobre 2012

Lasagna alla Zucca




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Un’alternativa gustosa alla classica lasagna, facile e adattabile per vegetariani: oggi parliamo di lasagna alla zucca.
Sarà che vivo in un posto dove l’autunno sta avanzando dolce ma costante, con tutte le caratteristiche tipiche della stagione: foglie coloratissime, nebbioline mattutine, e sole timido alternato a qualche giorno grigio. Sarà che amo l’autunno e i sapori che porta con sé, ma mi è venuta voglia di zucca.
La zucca è molto versatile: zuppe aromatizzate con le erbette, al curry, o  con le castagne, risotti, tortelloni, pane, dolci. Insomma c’è l’imbarazzo della scelta.

Come ci sono moltissimi modi di cucinare la zucca ci sono anche moltissimi tipi di zucca: dalla zucca di Cenerentola dell’ immaginario infantile a quella del presente “globalizzato” che viene scavata e intagliata per Halloween: la Jack-o'-lantern' . Entrambe di dimensioni ragguardevoli!

 
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Personalmente preferisco la Zucca di Hokkaido, di origine Giapponese ma oggi diffusa in tutto il mondo. E’ di “taglia” abbordabile: il peso è variabile tra gli 800 e i 1300.  Ha un colore arancione vivo e non presenta le segmentazione della classica zucca di Halloween. Di sapore gustoso, ha la buccia tenera - si mangia anche quella - e la polpa soda che sa un po’ di castagna, da cui viene il nome che le hanno dato i francesi: Potimarron (da potiron=zucca  e marron=castagna)
Insomma è facile da tagliare e buona da mangiare.  Come tutte le zucche, è ricca di betacarotene, ma ha anche vitamina A, C e potassio ed è inoltre poco calorica.

La versione che vi propongo parte dalla zucca arrostita al forno, una preparazione con cui sfruttarne al massimo il sapore. E per restare sul leggero non ho usato besciamella o crema di latte, ma ho usato della pancetta affumicata.

Nel caso che siate vegetariani escludendo la pancetta, l’uso di besciamella, crema di latte o yogurt è un modo per rendere questo piatto completo.

Nota: Si consigliano ingredienti biologici. Comunque è buona norma, per evitare esaltatori di sapidità, coloranti e additivi vari che sono tossici e quindi PERICOLOSI, controllare sempre cosa c’è nel cibo: occhio all’etichetta! Stampatevi questa tabella e tenetela a portata di mano quando fate la spesa

La ricetta

Ingredienti per 4 porzioni:

250/300 gr di lasagne secche
¾ di 1 zucca Hokkaido
5 spicchi di aglio
un ciuffo abbondante di prezzemolo
qualche foglia di salvia fresca
¾ di dado da sciogliere in 750 cc acqua a bollore
150 gr pancetta magra affumicata tagliata a dadini
40/50 gr parmigiano
½ bocconcino
3 cucchiai di Olio extravergine d'oliva

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Preparazione:

Scaldate il forno a 180 C° (160 se ventilato).
Lavate la zucca con uno spazzolino in modo da pulire la buccia da ogni residuo di terriccio. Affettatela in spicchi sottili e mettetela in una teglia con un paio di cucchiai di olio e mischiatela (il modo migliore è usando le mani) in modo che le fette siano tutte un poco unte.
Unitevi i due spicchi d’aglio interi e pulite i rimanenti tre spicchi, schiacciateli con la lama del coltello (e il modo migliore per esaltarne l’aroma) e tritateli finemente. Tritate il prezzemolo e la salvia.
Spargete sulla zucca aglio e erbette tritate e con le mani mischiate il tutto in modo da distribuire in modo uniforme gli aromi.
Infornate nel forno a temperatura per 30 minuti (se avete fatto le fette un po’ più grandi potreste avere bisogno di qualche minuto di più). Controllate con una forchetta che la zucca sia cotta.
Mentre la zucca si fredda, fate scaldare un padellino appena unto e cuocetevi la pancetta.
Mettete a scaldare un litro d’acqua nel quale scioglierete a bollore il dado e grattate il parmigiano.  Affettate il ½ bocconcino a fettine sottili.

Tagliate le fette di zucca a dadini e conservatene una parte, diciamo una fetta per ogni strato di lasagne, il resto mettetelo in una ciotola. Con un po’ di brodo di dado raccogliete tutte le erbette rimaste nel fondo della teglia (potete buttare i due spicchi di aglio non puliti) e aggiungetelo alla zucca che ridurrete in crema con un frullatore a immersione.  Aggiungete la pancetta alla crema.
Io ho usato lasagne secche senza cuocerle prima quindi ho allungato la crema di zucca con il rimanente brodo in modo da dare alla lasagna secca l’umidità  necessaria alla cottura.

Ungete una pirofila e cominciate con un po’ di crema di zucca sul fondo e continuate alternando lasagna, crema di zucca, qualche dadino di zucca che avevate messo da parte, parmigiano e cosi via, fino all’ultimo strato che coprirete con le fettine di mozzarella. Un cucchiaio d'olio per finire e potete
infornare per 20/25 minuti in forno a 180 C° (160 se ventilato).
Buon appetito!

Calorie: circa 570 a porzione

lunedì 8 ottobre 2012

Notizie dal mondo: OGM e diritto all’informazione







Dopo una breve assenza eccomi di nuovo qui. Con una nuova sfida per le nostre uova senza tegame. 
Questa volta vorrei cercare di capire e condividere con voi cosa sta succedendo nel mondo dell’industria delle biotecnologie alimentari.

Il prossimo 6 novembre in California oltre alle consultazioni presidenziali i cittadini saranno chiamati ad esprimersi per un referendum (che gli Americani chiamano Proposition) che ha come oggetto l’obbligo di informazione ed etichettatura per i prodotti derivati da e/o contenenti Organismi Geneticamente Modificati.
E poiché viviamo in un’economia globale le decisioni prese oltre oceano, che pure ci possono sembrare echi lontani, come i cerchi nell’acqua provocati da un sasso in caduta si propagheranno più o meno velocemente per giungere fino a noi. Allora è meglio cercare di capire.

La Proposition 37 – questo il nome di questo referendum – non chiede ai cittadini di decidere se gli OGM debbano o meno essere prodotti. Si tratta del diritto dei consumatori alla trasparenza. Il diritto di sapere se, nel cibo che stanno acquistando, ci siano ingredienti geneticamente modificati. La stessa proposition vieterebbe anche che per la definizione di tali prodotti  si usino parole come “naturale”.  Diritto all’informazione, di questo si tratta. 

La società americana, come la nostra del resto, si basa sul “libero mercato”.  E che ne è del “libero consumatore”? Come può un consumatore essere veramente libero di scegliere e se non viene garantito il suo diritto di sapere cosa c’è dentro il cibo che può comprare? 

Come dice Carlo Petrini, fondatore di Slow Food, in un editoriale apparso una decina di giorni fa su La Repubblica “È una battaglia di civiltà che non lede la libertà di mangiare Ogm, semplicemente chiede la trasparenza” .

Trasparenza che in questo caso riguarda anche le voci nel dibattito pre-referendario. E qui le cose diventano un po’ più complicate.

Ovvio e trasparente è lo schieramento che si legge sul sito dell’organizzazione che rappresenta la Food and Beverage Industry: sono contrari perché vedono nell’etichettatura l’apposizione di uno stigma negativo sui prodotti contenti OGM. In parole povere temono che i consumatori non comprerebbero prodotti contenenti questi ingredienti.
(E allora? Che ne è del libero mercato? Non c’era una legge della domanda e dell’offerta? Ammettiamo che questo possa essere il responso dei consumatori, ma allora non dovrebbe essere l’industria ad adeguarsi e produrre ciò che il “libero mercato” chiede?)

Monsanto, il gigante della produzione OGM, ha investito milioni di dollari in propaganda contro il referendum. Uno sforzo che non potrà mai essere uguagliato dalla società civile promotrice della Proposition 37. Uno sforzo che tuttavia sembra a suo modo logico, “trasparente” visto gli interessi che Monsanto ha in gioco. 
Meno trasparenti sono le posizioni espresse contro la Proposition da parte di sedicenti “indipendenti” professori dell’Università di Davis in California, che guarda caso ha tra i suoi finanziatori proprio Monsanto.

Ma questa purtroppo non è una novità, già nel 2011, Margarida Silva, dell’ Università Cattolica di Porto aveva pubblicato un rapporto sugli scienziati favorevoli agli OGM e la loro affiliazione con la industria della biotech.

Trasparenza, dove sei?
Forse dovremmo anche aggiungere che alcuni produttori americani di biologico si sono schierati contro il referendum. Strano? Meno di quanto si pensi, perché si tratta di imprese che sono il risultato degli investimenti nel biologico di grandi gruppi multinazionali. 
La diversificazione del  business di gruppi come Nestle’ è comunque marginale rispetto alle altre aree strategiche in cui operano, ma viene abilmente usata per raggiungere un pubblico che è potenzialmente più sensibile alla presenza di OGM nel proprio cibo. 

E mentre i tempi stringono e il referendum si avvicina, sono entrati nel dibattito anche un paio di  ricerche pubblicate nell’ultimo mese: uno studio di un gruppo di ricercatori francesi sull’incidenza di tumori in topi nutriti con mais geneticamente modificato che pone delle riserve sulla presunta mancanza di rischi legati al consumo di OGM, e un altro pubblicato negli Stati Uniti e relativo al consumo di pesticidi presso i coltivatori di OGM, consumo che è aumentato vertiginosamente

La realtà è che questi organismi non solo non sono immuni dagli attacchi degli insetti, come inizialmente stimato dai loro produttori, ma hanno necessitato  un uso intensivo di pesticidi. Questo si è tradotto in insetti e di infestanti che si dimostrano resistenti a queste pericolose sostanze chimiche.
Certo per la Monsanto – che produce sia i pesticidi che il mais OGM - in un modo o nell’altro ci saranno dei profitti: questo è chiaro e trasparente.

Allora, che dite, avranno diritto i consumatori a sapere cosa c’è in quello che comprano?



martedì 11 settembre 2012

I Blinis e le meraviglie del grano saraceno


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Sono sempre molto curiosa di scoprire la storia di ingredienti antichi ma magari un po’ dimenticati.
Uno tra questi è il grano saraceno che contrariamente a quanto dice il nome, non è un grano ma una Graminacea. Dai suoi semi però si ricava una farina un po’ grigia con cui si possono preparare pasta, pane, biscotti, crespelle, etc.
Proprio perché non è un cereale, è tollerato dai celiaci e può essere un ingrediente importante nelle diete dei diabetici. Insomma, un ottimo alleato quando la sfida da affrontare in cucina è tra salute e sapori.

E’ un ingrediente molto antico, la cui coltivazione è iniziata probabilmente già nel 6000 a.C. nello Yunnan (Cina) per poi diffondersi all’Asia centrale e quindi al Medio Oriente e in Europa, dove esistono prove della sua coltivazione nella regione dei Balcani già nel 4000 a.C.
In Italia sembra sia arrivato da due opposte direzioni: dall’Europa settentrionale e dalla Turchia, a questa ultima si deve probabilmente l’attributo di “saraceno”.

Forse molti di voi conoscono le ricette Valtellinesi a base di grano saraceno: i pizzoccheri  e polenta taragna tra le piu' famose.

Quella che vi propongo oggi è invece una ricetta arriva da lontano, dalla Russia. Si tratta dei Blinis, delle frittelle morbide che si accompagnano bene come antipasto ai sapori forti dei pesci affumicati in genere serviti con panna acida.


La ricetta


Per 20 blinis:
140 gr. grano saraceno
150 ml. latte
1cucchiaino zucchero
½ cucchiaino sale
2 uova
1 cucchiaio di panna acida*
7 gr. lievito in grani
1 cucchiaio di olio per friggere
Calorie


Panna Acida: abbiamo già visto che latte e la panna acida sono un ottimo agente lievitante. Nel nostro caso oltre ad usarne un po’ con questa funzione la metteremo in tavole per servire i blinis.Quindi abbiamo bisogno di una crema consistente.  Se non la trovate in commercio unite ad un vasetto di yogurt naturale da 125 ml (è importante che abbia i lactobacilli, insomma che sia uno yogurt “vivo” e non un dessert!) 200 ml di panna liquida fresca e un cucchiaino di succo di limone, lasciate riposare per un paio d’ore in un luogo a temperatura tiepida.

A parte la preparazione della panna acida, considerate che l’impasto necessita di un’ora di riposo per la lievitatura.

Preparazione:
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Stiepidite il latte e scioglieteci il lievito in grani; preparate in una ciotola capiente il grano saraceno, lo zucchero e il sale. Separate i tuorli dalle chiare che aggiungeremo all’impasto in seguito.
Unite i tuorli e il latte con il lievito sciolto, alla farina e impastate con una frusta fino a che la pastella sia omogenea e senza grumi.
Copritela con una salvietta umida e lasciatela lievitare per un’ora in un luogo caldo e lontano dalle correnti. Vi svelo il mio trucco, io preparo il forno portandolo a 50 C° e poi lo spengo: è il posto ideale per far lievitare impasti di ogni tipo.

Dopo un ora la nostra pastella avrà raddoppiato il suo volume. 

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A questo punto unite la panna acida e le chiare che avrete nel frattempo montato a neve soda. E’ importante che nell’unire le chiare al composto usiate sempre movimenti dal basso verso l’alto, per evitare di perdere l’aria già incorporata.
A questo punto mettete una padella sul fuoco, spennellatela appena di olio e fatela scaldare.
Adagiate un cucchiaio di pastella alla volta nella padella calda, lasciando sufficiente spazio tra un bliny e l’altro. La cottura è molto veloce, due minuti e siete pronti per girarli, un altro minuto e i blinis sono cotti.

Potete mantenerli caldi in una salvietta se aspettate ospiti, oppure servirli immediatamente.

Servire con…
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La ricetta originale – la mia prima ricetta alla scuola di cucina … tanto tempo fa … - li vuole serviti con caviale o con salmone affumicato, accompagnati da panna acida.

Ma per i vegetariani potete sostituire salmone e caviale con una dadolata fatta con una rapa rossa, già cotta, e due o tre prugne secche fatte rinvenire in un poco di brandy e acqua e scolate. Il tutto tagliato a dadini piccoli va condito con un dressing di olio, aceto, sale pepe e un poco di miele. Preparate la dadolata almeno un’oretta prima, si insaporirà meglio.

Se invece vi piace la salsa di rafano (cren) e il suo sapore piccante che si combina molto bene con tutti i pesci affumicati, allora vi consiglio dividere la panna acida che vi è rimasta in due ciotoline; ad una aggiungete un cucchiaino raso di cren, un cucchiaino di olio e un pizzico di sale, mischiate bene e usatela per il salmone affumicato. Per il caviale utilizzate la panna acida semplice.

Potete guarnire le tartine con foglioline di aneto o di erba cipollina, oppure guarniteci il piatto di portata e lasciate che ognuno si serva a piacere.

Come antipasto potete calcolare quattro blinis a testa ma se siete dei mangioni sconsiderati allora … vi invito a desistere…

Calorie:
Siamo intorno alle 80 Kcal per bliny ma con il salmone e la cremina compresa si sale a 120, quindi una porzione di antipasto composta da quattro blinis è pari a 480 Kcal.

Valgono i soliti consigli proposti nelle altre ricette: una camminata a passo sostenuto per un’oretta e passa la paura (almeno quella dei blinis). Ma si può anche usare un po’ di buon senso a scopo preventivo: se avete una cena e vi aspettate di mangiare un po’ di più del solito, forse potete a scopo compensatorio pranzare con un’insalatona mista poco condita con non più di 40gr. di bresaola se siete carnivori o un po’ di hummus se siete vegetariani, limitando il pane a 50 gr. Fate uno spuntino di frutta a metà pomeriggio per evitare di buttarvi sulla cena come se foste un orso polare digiuno dopo il letargo invernale ;-)

 


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